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Inquinamento acustico sui luoghi di lavoro, il rumore che ammala

L’acustica degli uffici è una delle cose a cui i datori di lavoro non danno importanza, dimenticando che saranno poi i collaboratori a pagarne le conseguenze nel tempo.

Studi scientifici hanno dimostrato che lavorare in locali rumorosi porta l’organismo ad attivare delle reazioni neurovegetative fra cui: l’ipervigilanza, ovvero l’orientamento degli occhi verso la principale fonte di rumore, aumento della frequenza cardiaca e del ritmo respiratorio e ansia.

Questo cosa vuol dire in parole povere?

Che chi è costretto a lavorare in un ambiente rumoroso prima o poi si ammala!
Non puoi “chiudere le orecchie” come fai con gli occhi, un rumore sei costretto a subirlo, tutto il giorno tutti i giorni.

E non è tutto!

Stando ad alcuni studi, lavorare in ambienti particolarmente rumorosi porta conseguenze negative anche sull’atteggiamento, provocando alcune alterazioni nel comportamento che prendono il nome di : 1. Effetto Lombard: ovvero quando una persona tende a modificare il proprio tono di voce in base al livello di rumore di fondo 2. Annoyance: sentimento di stress e irritazione costante, che incide negativamente sia sulla comunicazione che sulla convivenza con i colleghi in ufficio. Da qui i continui litigi che sembrano immotivati.

Vogliamo poi parlare della perdita dell’udito? Non credo ce ne sia bisogno.

Insomma, la qualità dell’acustica sul luogo del lavoro è una questione delicata, talmente delicata, da essere inserita all’interno di una legge!
Sto parlando del Decreto Legislativo 81/08, che elenca tutte le azioni che il datore di lavoro deve compiere, per far si che i suoi dipendenti lavorino in maniera confortevole e sana. E alla qualità dell’acustica viene data molta importanza, visto che gioca effetti diretti sia sull’umore che sulla produttività di chi ci lavora. Trascorrere del tempo in luoghi acusticamente “preformanti” è un requisito scientificamente provato, al fine di una migliore qualità della vita. Inoltre, un ambiente poco rumoroso favorisce i sentimenti positivi, facendo si che chi ci lavora lo faccia con il sorriso, oltre a far aumentare la concentrazione, la produttività e a migliorare le relazioni con i colleghi. Insomma, per cambiare in meglio l’aria che si respira in un luogo di lavoro basta migliorarne l’acustica.
È un dato di fatto.
Ma, come si fa?
Installando i pannelli fonoassorbenti, che eliminano quella costante sensazione di essere circondati da un rumore troppo forte. Purtroppo, nonostante si parli di salute dei lavoratori ed obblighi di legge, i datori di lavoro impegnati a migliorare la situazione sono ancora troppo pochi. La situazione diventa ancora più grave nei call center, luoghi in cui la giornata lavorativa diventa una lotta alla sopravvivenza. Chiamate ripetute Colleghi che parlano in continuazione Eco Un vero inferno… Proprio qui, dove pochi metri quadri arrivano ad ospitare molte postazioni di lavori ed operatori, l’inquinamento acustico è un problema importante, ma nessuno se ne frega.
Per questo di parla ancora male dei call center. A causa di datori di lavoro più interessati al guadagno che alla salute del collaboratore.
Fortunatamente però esiste sempre un’eccezione alla regola.

Quest’eccezione si chiama RèSpeak!

La nostra azienda ha da tempo compiuto passi importati in tema di benessere per chi vi lavora. Proprio perché la tematica del rumore ci appartiene profondamente, abbiamo fatto una scelta davvero poco economica: siamo la prima azienda di call center in Italia che si è rivolta alla società numero uno a livello INTERNAZIONALE per effettuare un’analisi specializzata, al fine di utilizzare i più sofisticati materiali e sistemi per portare l’acustica ad un livello ECCELLENTE, mai raggiunto in questo settore.
In tutte le nostre sedi sono stati installati pannelli fonoassorbenti – sul soffitto, sulle pareti e anche nelle postazioni – in modo da aiutare i nostri collaboratori a lavorare e a stare meglio, tornando così a casa senza quel fastidioso mal di testa che ti rovina la giornata.
Ma il tema dell’inquinamento acustico è solo uno dei tanti plus che differenzia RèSpeak dagli altri call center. Entra a far parte anche tu di una realtà differente.

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Venditori si nasce o si diventa? Ecco la risposta

La vita è una lunga battaglia, che impariamo a combattere fin dalla nascita. Come? Attirando l’attenzione.Pensa a quando eri bambino. Quante volte hai lagnato per spingere tua madre o tuo padre a comprarti qualcosa? Tante.
E quante volte hai urlato e pianto fino a sfinirli perché non ti accontentavano? Tantissime.

Ecco, hai attirato la loro attenzione e poi hai venduto “il tuo prodotto”.

Ora facciamo un salto in avanti, e arriviamo a quando per la prima volta hai convinto la persona che ti piaceva a uscire con te, o hai fatto si che ti chiedesse di uscire.
Come hai fatto? Esatto, hai attirato la sua attenzione, fino a quando non si è deciso a farsi avanti.

Adesso spostiamo lo sguardo su qualcosa di ancora più recente.

Quante volte hai consigliato un qualcosa a qualcuno, e qual qualcuno l’ha guardato, mangiato o comprato?

Tutte queste volte hai venduto qualcosa. L’essere umano è geneticamente programmato per vendere.

Non è un caso che le principali caratteristiche di un bravo venditore siano:

  • saper ascoltare ( i gusti del tuo amico alla quale consigli il ristorante/ serie tv )
  • saper comunicare ( quando descrivi la serie tv/ristorante cosa fai? Li presenti rimarcando i particolari che potrebbero piacere al tuo amico)
  • saper motivare, spiegando perché è necessario compiere quell’azione, che per un venditore può essere la stipula del contratto o la vendita del prodotto, mentre per un genitore può essere farsi ascoltare dal proprio figlio/a l’ascolti, giusto per fare un’esempio.

Come vedi nasciamo tutti venditori, ed è per questo che al mondo esistono una marea di venditori improvvisati, convinti che basti la “famosa parlantina” per poter portare a casa un cliente.

Pura follia.

Una volta, forse, bastava avere un buon prodotto, scarpe comode e la volontà di bussare a più porte possibile per assicurarsi una buona percentuale di chiusure. Oggi la concorrenza è spietata, e un venditore deve essere in grado di combatterla sia a livello territoriale che virtuale. Grazie a internet il mondo è diventato paese, e colossi dell’online come Amazon vendono tutto a tutti nel più breve tempo possibile a prezzi stracciati.

E’ una partita dura ma giocabile, grazie all’asso nella manica che il venditore può calare al momento opportuno, la consulenza.

Amazon è veloce si, ma quando compri devi fare tutto da solo. Ti bastano pochi clic e il corriere arriva a casa il giorno dopo con in mano il prodotto che desideravi, una bella comodità, ma metti che tu abbia dubbi sulla taglia, il colore, la grandezza o il peso. Se non sei avvezzo di misure e di centimetri rischi di sbagliare l’acquisto.
Qui entra in gioco il venditore.
Alzare la cornetta e chiamare un cliente per fornirgli una consulenza è un plus che ti permette di stendere la concorrenza ( almeno quello virtuale ) e ti mette in una posizione di netto vantaggio.

Ma devi giocare bene le tue carte, per questo devi formarti.

Chi non si forma si ferma e finisce sul lastrico nel giro di poco tempo.
Essere un commerciale o venditore che dir si voglia, vuol dire essere un professionista, e come tale bisogna comportarsi.
Pensare di svolgere questo lavoro in maniera amatoriale è una vera e propria pazzia, e soprattutto un enorme spreco di soldi e tempo.

Perchè? Te lo spiego in pochi e semplici punti:

  1. Un venditore ha conoscenze ( anche solo di base ) di marketing e tecniche di comunicazione, ed è in grado di rompere il ghiaccio con il cliente, bypassando il problema della presentazione a freddo
  2. Un venditore conosce il suo prodotto come se lo avesse ideato e costruito lui stesso. Alcune ricerche attestano come il cliente si aspetti un venditore specialista di quello che vende. Se percepisce che non è così chiude il capitolo e passa al prossimo venditore.
  3. L’insuccesso è sempre dietro l’angolo ( anche Bill Gates ha toppato con il suo Windows Vista ) per questo un buon venditore deve essere resiliente, ovvero deve riuscire a trarre insegnamento da questi eventi senza farsi scoraggiare.
  4. Errore comune a tutti i venditore improvvisati è pensare che una volta informato il cliente dell’offerta e dei vantaggi, la responsabilità di decidere sia tutta sua. Ma il compito di “chiudere la trattativa” è del venditore, che deve possedere spiccate capacità di negoziazione e finalizzazione.
  5. La vendita è un rapporto tra persone, che sia fisico o telefonico poco importa, si tratta comunque di due persone che hanno a che fare tra di loro. Per questo un venditore deve padroneggiare le principali tecniche di comunicazione.
  6. Ultimo, ma non per importanza, è il metodo di vendita. Un venditore degno di questo nome pianifica quello che farà, è in grado di riconoscere il suo target, capisce la differenza tra un cliente alto-spendente e uno “normale”, e soprattutto, non li tratta tutti in egual modo.

    Ora ti rifaccio la domanda:

Venditori si nasce o si diventa?

Se hai risposto ” si nasce, ma bisogna studiare per raggiungere dei risultati “, clicca sul pulsante e compila il modulo! Stiamo cercando proprio te!

 

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Come prendersi cura della voce in 10 semplici mosse

La voce è il principale mezzo di comunicazione degli esseri umani.

C’è chi, come gli insegnanti, i commercianti, gli imprenditori, i presentatori, i venditori, i musicisti e chiunque altro svolga un’attività collegata alla presenza di un pubblico, la voce la usa per lavoro. Poi c’è chi parla per il semplice piacere di ascoltare il suono della propria voce mentre, qualcun altro ancora, si limita a dire lo stretto indispensabile.

Fatto sta che dal momento in cui impariamo a parlare lo facciamo tutti i giorni tutto il giorno.

Le corde vocali sono tra gli organi che utilizziamo di più, e dobbiamo imparare a riservagli la stessa cura e attenzione che di solito riconosciamo ad altre parti del nostro corpo.

Come?

Seguendo questi semplici consigli! Iniziamo 1# La caffeina – Tè, caffè e qualsiasi altra bevanda contenente caffeina, esercitano un’azione restringente sulle corde vocali. È bene evitare di berle prima di una qualsiasi attività che preveda l’uso prolungato della voce: che sia un’esame all’università, una lunga telefonata o un qualsiasi discorso lungo.

2# Ottimizzate la postura – l’emissione della voce e strettamente collegata alla postura del corpo. Esistono diversi esercizi mirati a migliorarla, uno dei più semplici ed efficaci è quello che, almeno una volta nella vita abbiamo fatto tutti: procuratevi un libro di peso e grandezza media e posizionatelo sulla vostra testa. Ora iniziate a camminare mantenendo il libro in equilibrio sulla testa e mentre lo fate, pronunciate qualsiasi parola vi venga in mente senza fermarvi. Camminate e parlate. Effettuando l’esercizio con regolarità, noterete dei grandi miglioramenti sia nella vostra postura che nella qualità della voce.

3# L’idratazione – l’acqua gioca un ruolo fondamentale nell’equilibrio di ogni apparato dell’organismo, corde vocali comprese. Per far si che queste mantengano l’elasticità che le contraddistingue, è necessario idratarle costantemente bevendo da 1,5-2 litri di acqua al giorno.

4# Respirare con il diaframma – il diaframma è il muscolo situato tra il torace e l’addome, e viene utilizzato principalmente dai bambini per respirare. Gli adulti invece, spinti da uno stile di vita più frenetico, tendono a respirare usando soltanto la parte superiore dei polmoni, perdendo così una serie di benefici portati dalla respirazione diaframmatica, tra cui una migliore gestione dello stress e un maggior controllo della modulazione della voce.

Benefici che è possibile riacquistare con questo semplice esercizio: sdraiatevi a pancia in su, poi appoggiate una mano sulla pancia e l’altra sul petto. Cercate di inspirare immettendo più aria possibile – la mano appoggiata sulla pancia deve alzarsi – mentre quella sul torace deve rimanere quasi ferma. Ripetete questo esercizio tutti i giorni per almeno cinque minuti, vi renderete conto da soli dei miglioramenti della vostra voce.

5#Il fumo – in genere, è possibile riconoscere i fumatori accaniti dalla voce rauca che li caratterizza: le corde vocali sono tra gli organi maggiormente esposti al passaggio del fumo, che finisce per “seccarne la mucosa”. Per questo fumare prima di dover utilizzare la voce per lungo tempo è sconsigliato ma, se proprio volete farlo, ricordatevi di bere molto subito dopo aver buttato via la cicca

6# Alzare la voce – alzare la voce per farci sentire da qualcuno quando ci troviamo in un luogo rumoroso ci viene normale, ma è una cosa inutile e dannosa per le corde vocali. Per farci sentire infatti, basta solo abbassare il tono e parlare lentamente, ricordandosi di scandire bene le parole.

7# La temperatura delle bevande – la temperatura delle bevande può influire direttamente sul funzionamento delle corde vocali: il freddo causa la costrizione dei vasi sanguigni, mentre il calore li dilata eccessivamente. Consumate bevande a temperatura ambiente, se sapete di dover parlare per lungo tempo.

9# Respirare a bocca chiusa – respirando a bocca aperta immettiamo nel nostro corpo una quantità d’aria “secca”, che a lungo andare può logorare le corde vocali. Viceversa, il percorso che l’aria compie passando per il naso aiuta l’aria a conservare un tasso d’umidità ottimale per le corde vocali.

10# Sbadigliate – cercate di sbadigliare quanto più possibile. Durante lo sbadiglio sia la laringe che la bocca si allargano, permettono una pienezza vocale e una chiarezza articolatoria.

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Gli obiettivi sono il motore della vita. Il tuo funziona?

Che si tratti della tua vita privata o lavorativa, gli obiettivi sono il tuo motore: senza, non avrai la spinta necessaria a muoverti. Hai presente i pensionati che ti sembrano invecchiare precocemente? Non hanno più obiettivi e cadono vittima delle abitudini. Ma questo accade anche a molti giovani o ad alcune categorie di lavoratori.

Ma nello specifico, cos’è un obiettivo?
Un obiettivo di solito è un desiderio che vogliamo soddisfare, una meta da raggiungere, un punto di arrivo che corrisponde ai nostri desideri.
Questo vuol dire chiedersi: chi voglio essere nella vita? Quali sono le cose che vorrei e per le quali sono disposto a lavorare duramente? Quanto voglio guadagnare? Quanto sono disposto a crescere professionalmente?

E così via.
Rispondere a queste domande equivale a inserire il percorso sul navigatore della tua vita. Un volta definita la visione, percorrere la strada verso i tuoi obiettivi diventerà molto più semplice.
Indubbiamente ci vuole buona volontà, costanza e sì, un pizzico di fortuna, ma anche una buona dose di realismo e organizzazione aiuta. Per prima cosa bisogna stare con i piedi per terra e scindere i “sogni”, spesso irraggiungibili e poco concreti, dagli “obiettivi”, che sono sempre concreti, misurabili e raggiungibili.

Esempio:

“diventare ricco” è un sogno, 50 contratti in un mese in modo da guadagnare X provvigioni e un obiettivo.

Molte persone sognano di diventare ricchi ma non chiudono 50 contratti. Perché hanno programmato male il loro “navigatore”, e non hanno letto la parte successiva dell’articolo.

Come si raggiungono gli obiettivi?

Con le idee chiare. Se manca l’idea di fondo, l’idea precisa sul “dove si vuole andare”, agire di conseguenza e muoversi in quella direzione diventerà impossibile.

Nel cercare i tuoi obiettivi, quindi, pensa a dove vuoi andare e scrivilo da qualche parte, ti aiuterà a focalizzarlo.
Una volta fatto questo il secondo passo da compiere è “il darsi una scadenza”, ovvero dividere gli obiettivi in base al tempo che potrai impiegare per raggiungerli.
Procedi seguendo questa linea:

  • breve termine
  • medio termine
  • lungo termine


Inizia fissando gli obiettivi a breve termine, dando importanza alle cose che vanno già bene, per esempio, mantenere la tua resa ( da notare che ho scritto mantenere e non aumentare). Il raggiungimento di un obiettivo “facile” ti aiuterà in termini di entusiasmo.
Per quanto riguarda invece gli obiettivi a medio termine, fissa la realizzazione di un traguardo iun po’ più impegnativo: mantenere la resa +1
Infine, per quanto riguarda gli obiettivi a lungo termine punta a qualcosa di veramente importante, qualcosa che ti aiuti a crescere come persona, puoi scegliere tra: l’autostima, il rapporto di coppia, l’integrazione sociale, la crescita professionale, la famiglia.

Adesso che li hai fissati e ordinati per fattibilità, ti resta solo un ultimo passo da compiere, definirli secondo questo schema:

  • Cosa, inteso come l’obiettivo da raggiungere.
  • Come, dove descriverai con quali strumenti e con quali mezzi intendi raggiungere l’obiettivo.
  • Dove, che ti aiuterà a evidenzia il luogo o i luoghi dove svolgere l’attività necessaria a raggiungere l’obiettivo. Per esempio, vuoi mantenere la tua forma fisica? Avrai bisogno di fare esercizio e quindi andrai in palestra. Questo è un “dove”.
  • Chi, coinvolgerai qualcun altro nel raggiungimento del tuo obiettivo? Scrivi il nome e il ruolo che avrà, altrimenti scrivi solo io. Esempio: chiederò consiglio al mio supervisor.
  • Quando, quante ore al giorno dedicherai a quest’attività?
  • Perché, è la chiave di volta di tutto lo schema. Qui dovrai scrivere una risposta sincera – possibilmente in maiuscolo – da rileggere almeno una volta al giorno.

Ora è tutto nelle tue mani. Agisci, e porta a termine quanto ti sei prefissato e, ricorda, lo schema precedente è applicabile anche nella vita privata 😉

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Conosciamo la mascotte di RèSpeak

Ciao, sono Daniela Bizzarro e in molti mi conoscono come la “voce di RèSpeak” e mamma della nostra mascotte.
Spesso mi avete chiesto notizie su RèSpeaky e sulla sua storia, e oggi ho deciso di rispondere ma, per poterlo fare, devo iniziare raccontandovi la mia.
La mia storia inizia all’epoca della tangibilità, quando i rapporti si coltivavano faccia a faccia, e i lavori erano solo di tre tipi: statali, d’ufficio e manuali. A quell’epoca scrivevo storie per me e per mia sorella, ed avevo già le idee ben chiare su cosa fare da grande.
Ma sono stata educata alla concretezza da una società che considerava la scrittura un hobby e la creatività “una qualità”, nulla di più.

Per questo ho dovuto mettere da parte i miei sogni per diventare grande, come mi dicevano tutti.

Sono stata una di quegli adulti di cui i genitori vanno fieri, nella mia vita non c’era nulla che non andasse, fatta eccezione per quel senso di insoddisfazione perenne.

Poi un giorno il mio telefono squillò.

Galeotto fu un vecchio annuncio che avevo pubblicato su subito.it dove mi candidavo alla ricerca di lavoro come copywriter e che, a distanza di mesi, mi aveva fatto guadagnare un colloquio.

Sede di lavoro? Via Toledo Napoli

Azienda? RèSpeak

Sono arrivata vestendo i panni della copywriter, per indossare ben presto quelli della creativa del team.

Del resto in RèSpeak la Rèale opportunità è sempre dietro l’angolo.

Ho iniziato dalle pagine social, per poi passare alla creazione degli inviti per gli eventi aziendali, l’ideazione dei contest e così via.

In poche parole sono come Batman: quando c’è in ballo qualcosa che richiede colore e fantasia l’azienda accende il RèSegnale e io accorro.

Tutto quanto richieda creatività e un pizzico d’immaturità di quella bella, che ti permette di osservare il mondo con gli occhi di un bambino, rientra nelle mie mansioni.

All’epoca però non lo sapevo ancora.

Ah se tu mi disegnassi una mascotte” mi disse Gennaro Lenta passando davanti alla mia postazione.

UNA MASCOTTE??? Per giorni non riuscii a pensare ad altro.

Cercavo spunti in ogni dove ma niente… mancava sempre qualcosa.

Frustrata e a un passo dal gettare la spugna mi rifugiai nella sala venditori, come spesso faccio quando sono alle prese con il “blocco dello scrittore”.

I RèSpeaker mi mettono sempre di buon umore, mi suggeriscono delle buone idee o mi regalano degli spunti preziosi, come in questo caso.

Stavo guardando la mascotte dal lato sbagliato: non si trattava di creare qualcosa, ma di dare un volto a qualcosa.

Dovevo rendere tangibile l’atmosfera della sala, lo spirito di RèSpeak, un po’ come succede nel “Il Canto di Natale” con lo spirito del Natale passato, presente e futuro.

RèSpeaky è la personificazione delle “sensazioni e delle emozioni” che ogni giorno viviamo in Rèspeak.

Non ha sesso, dargli un genere non mi interessava, volevo rappresentasse i valori di uguaglianza di RèSpeak.

Ama risolvere i problemi e vuole sempre saperne di più.

Ha una grande fiducia nelle vostre capacità, e crede che tutti possano sbloccare le proprie potenzialità, per questo vi dà consigli attraverso le pagine social.

È la guida che vi aiuta ad acquisire nuove competenze, e crede che con la preparazione e lo studio si possano raggiungere grandi e Rèali opportunità.

RèSpeaky è una persona adulta, che conosce l’importanza di una risata e del sapersi divertire. Ama trascorrere del tempo con voi e si diverte un mondo ad organizzare tutti quei giochi.

Vedervi sorridere è la sua più grande soddisfazione, e presto vi presenterà nuovi amici.

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Chi è il Rèspeaker?

Diventa un RèSpeaker“, “I nostri RèSpeaker“, RèSpeaker, RèSpeaker, RèSpeaker...

Questa parola caratterizza la nostra quotidianità e il nostro lessico.

La usiamo con naturalezza, dimenticando che chi ci legge o ascolta non può capirci, non può cogliere il carico emotivo racchiuso in 9 semplici lettere.

Quindi finisce per considerarla come una parola vuota, coniata da un’azienda per darsi un tono o peggio, la usa come sinonimo di operatore telefonico.

È sbagliato

L’operatore telefonico e il RèSpeaker sono due cose diverse, anche se di base lavorano entrambi in un call center. Tra le due figure c’è una grandissima differenza, riconducibile ad una serie di fattori che esulano dalla bellezza degli uffici e da altre cose “materiali”, che hanno comunque un certo peso.

Qualcuno di voi è stato un operatore telefonico e certe cose le sa.

Qualcun altro invece avrà avuto la possibilità di ascoltare uno dei tanti racconti del terrore che aleggiano intorno al nostro lavoro, rendendolo il meno ambito in Italia. Quando abbiamo pensato alla figura del RèSpeaker siamo partiti proprio da lì, prendendo nota di tutte le cose per noi inconcepibili e muovendoci nella direzione opposta. Al di là del guadagno che è una cosa importante per tutti non nascondiamoci dietro ad un dito, abbiamo deciso di mettere a disposizione altro.

Ci siamo mossi affinché un RèSpeaker non fosse un semplice operatore telefonico ma un venditore, che utilizza il telefono per esercitare le sue capacità.

Una volta la vendita era l’ultima spiaggia per chi non era stato abbastanza bravo a scuola da assicurarsi un lavoro d’ufficio.
La vendita era considerata un’attività ignobile e il venditore un truffatore.

Oggi le cose sono diverse.

Ogni volta che accendi la televisione ci sono spot che cercano di venderti qualcosa. Stessa cosa vale per internet, per non parlare poi di quando passeggi per strada.

Puoi chiamarli copywriter, media creator, media manager, ma sono tutte figure che hanno un solo scopo: la vendita.

Il venditore è la figura più importante dell’azienda.

È il venditore che ci mette la faccia facendo da interfaccia tra l’azienda e il cliente.

È il venditore che permette a se stesso e all’azienda che rappresenta di portare a casa il risultato e pagare gli stipendi.

Ci saranno sempre e per sempre dei prodotti o servizi da vendere, al mondo ci sarà sempre bisogno di venditori capaci di padroneggiare le migliori tecniche di vendita e comunicazione.

Gli operatori telefonici quelli “semplici” invece, sono preparati a vendere solo il loro prodotto, nulla di più.

I RèSpeaker avranno sempre un lavoro.

Poi c’è la questione della “Rèale opportunità”, la promessa scritta sotto al nostro marchio.

Fin dal primo ingresso in azienda a ogni RèSpeaker vengono fornite le basi per la crescita professionale.

Sta a voi decidere il come e il quando iniziare il vostro percorso.

C’è chi ha usato la Rèale opportunità per migliorare le sue doti nella vendita, riuscendo a portare a casa uno stipendio uguale e qualche volta superiore a quello di un impiegato.

C’è chi ha intrapreso la stessa strada di chi a suo tempo li ha formati, diventando trainer, team leader o CCM.

C’è chi, invece, ha puntato più in alto e con impegno, dedizione e costanza si è poi guadagnato un posto nel corporate RèSpeak.

Ognuno ha scelto la sua strada, assecondando il proprio talento e le proprie aspirazioni, e l’azienda è stata pronta a seguirlo.

Perchè in RèSpeak funziona così, tu ci metti l’impegno e noi ti diamo la Rèale opportunità.

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Lo Smart Working aiuta a lavorare meglio e di più

Lavorare da casa ha i suoi vantaggi. Per prima cosa ci sono gli orari flessibili e il non doversi muovere, che regala al lavoratore più tempo libero e più soldi, visto che si azzerano i costi per gli spostamenti. Poi ci sono ambienti di lavoro personalizzati e l’assenza “dell’occhio del padrone”, che spaventa molto i datori di lavoro.

Un lavoratore virtuale seduto in pigiama, incline alle distrazioni e nel disperato bisogno di una doccia è lo spauracchio di molte aziende (soprattutto italiane) ed è alla base del loro rifiuto dello smart working. Stando ad uno studio dell’Università di Stanford però, questi sarebbero solo degli stereotipi in quanto i lavoratori remoti sono, in media:

13,5% più produttivo delle loro controparti in ufficio.

Il 9% in più è impegnato nel proprio lavoro.

50% in meno di probabilità di smettere.

Insomma, lo smart working aiuta a lavorare di più e meglio, ed ecco i “perché” individuati durante lo studio:

1. Una forza lavoro a distanza è una forza lavoro più inclusiva e di qualità superiore.

Lo smart working permette alle aziende di espandere le loro ricerche, assumendo anche persone che svolgono più lavori, genitori, persone che abitano fuori dall’area geografica di interesse o soggetti con disabilità, che gli precludono la possibilità di stare seduti in ufficio per ore.

2. I lavoratori remoti sono più felici e più produttivi.

I lavoratori remoti hanno più spazio per bilanciare il loro lavoro e la vita personale. Possono trasferirsi, viaggiare, prendersi cura delle proprie famiglie, perseguire hobby e impegnarsi in altre attività non legate al lavoro senza sacrificare la propria carriera.

3. La tecnologia offre ai team remoti numerose opportunità di connettersi, collaborare e contribuire.

Una preoccupazione comune tra le aziende che non hanno abbracciato lo smart working è la coesione del team. Chi lavora da casa finirà per isolarsi? La risposta è no.

Grazie alla tecnologia i team virtuali tendono a connettersi più frequentemente e ad un livello più profondo di quanto farebbero di persona. Oltre agli strumenti di tutti i giorni come Slack, Skype, Dropbox e Google Drive – che semplificano la collaborazione virtuale per qualsiasi team – i lavoratori remoti traggono vantaggio dall’apprendimento autonomo e auto-diretto e dalla gamification .

4. Hanno ambienti di lavoro migliori e meno interruzioni.

Sono le distrazioni, non la distanza, a ostacolare il coinvolgimento dei lavoratori. Pensa a tutte le distrazioni presenti in un tipico ambiente di lavoro: pettegolezzi, conversazioni inattive, riunioni non necessarie, pause multiple per cibo e caffè e così via.

Queste distrazioni possono disturbare la concentrazione, lo spazio personale e il benessere di un lavoratore, influenzando la sua produttività e il suo morale. Nel migliore dei casi, qualcuno perde qualche minuto del suo tempo; nel peggiore dei casi parliamo di ore, e di comportamenti che possono rendere il luogo di lavoro non sicuro e illegale.

Ancora una volta, l’autonomia aumenta l’impegno. I lavoratori remoti hanno una maggiore libertà: la libertà di evitare un collega problematico, di lasciare una conversazione improduttiva, di scegliere quando e come impegnarsi. Hanno il controllo del proprio ambiente e, di conseguenza, segnalano di sentirsi meno stressati .

Insomma, lavorare da casa migliora l’umore del lavoratore e la qualità del lavoro stesso.

Stai pensando di entrare a far parte del popolo degli smart worker?

Visita il nostro sito e compila il modulo!

Le selezioni per diventare un RèSpeaker Virtuale sono aperte

 

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Parliamo della figura del venditore

Negli anni ’60, l‘Olivetti effettuò un sondaggio tra le mogli dei propri addetti alle vendite. Nessuna di loro usò mai la parola “venditore” per descrivere il lavoro del marito. Evitavano il termine come la peste, associandolo a qualcosa di negativo.
Anche oggi le opinioni su questo mestiere sono diverse ed esistono diversi luoghi comuni, come:

  • non è un lavoro stabile.
  • il venditore deve saper raggirare le persone
  • non è un lavoro per gente laureata
  • è un lavoro senza importanza

che tingono di negatività questo lavoro. Tali credenze però, possono essere facilmente messe in discussione.

Iniziamo dalla prima: “non è un lavoro stabile “. Conoscete per caso un venditore disoccupato?
Andate su un sito internet, di quelli che trattano offerta/ricerca di lavoro, noterete che la maggior parte delle offerte di lavoro sono proprio indirizzate alla ricerca di venditori.

Passiamo alla seconda : ” il venditore deve saper raggirare le persone con la parlantina“. Essere spigliati di sicuro favorisce, ma vendere non significa raggirare con le parole.

La terza: “non è un lavoro per gente preparata“. Sono molti i laureati che al giorno d’oggi non riescono a trovare il lavoro per la quale hanno studiato, trovandosi costretti ad accettare lavori di ripiego poco gratificanti economicamente e lontani dalle loro aspirazioni. Altri invece iniziano a lavorare come venditori e applicano il loro sapere all’arte della vendita, trovando soddisfazione, riconoscimenti e percorsi di carriera. La differenza sta nell’atteggiamento che si ha nei confronti di questo lavoro.

L’ultima credenza del nostro elenco è: “il venditore è un lavoro poco considerato“. Questa falsa affermazione va studiata e osservata da due diversi punti di vista, ovvero dal lato delle aziende e da quello delle persone. Per quanto riguarda le aziende che danno lavoro ai venditori, questa figura gode di un’altissima considerazione, che si traduce in benefit, corsi di formazione, meeting e così via.
Dal punta di vista sociale invece, non ci sono prove di una mancanza di considerazione nei confronti di questo ruolo e poi, come per qualsiasi altro lavoro, conta anche il prodotto trattato e l’azienda per cui si lavora.

Resta inteso che come tutti i lavori anche quello del venditore va praticato con professionalità e senso etico, in assenza di questi valori ( che fanno parte della persona ) qualsiasi lavoro perde di credibilità.

Parliamoci chiaro: quello del venditore è il lavoro del futuro.

Al mondo ci saranno sempre prodotti e servizi da vendere, e ci sarà sempre bisogno di qualcuno che lo sappia fare, soprattutto utilizzando il telefono. La vendita telefonica è stata per molte aziende l’unica ancora di salvezza durante questa emergenza sanitaria. Il lavoro dell’operatore call center in outbound è stato rivalutato, diventando uno dei ruoli più richiesti al momento.

Da quando abbiamo avviato lo smart working, ad Aprile, le candidature sono triplicate.

Oggi contiamo più di 100 RèSpeaker che lavorano in smart working, restando comodamente seduti sul divano di casa propria. Vuoi cogliere anche tu la Rèale opportunità di guadagnare a costo 0?? Compila il modulo e invia la tua candidatura!

Il marchio RèSpeak nasce nel 2016 per rivoluzionare il lavoro nei call center. Al momento contiamo 7 sedi fisiche divise tra Campania e Calabria e una virtuale. Ci occupiamo principalmente di vendita in outbound di contratti luce e gas e al momento contiamo più di 350 collaboratori.

Vorrà pure dire qualcosa no?

Ecco cosa ti garantiamo:
-Fisso mensile di 550€
-Turni part time di 5 ore
-Formazione costante e professionale, che ti consentirà di cogliere la tua rèale opportunità di crescita all’interno dell’azienda
-Accesso a sistemi all’avanguardia, che ti permetteranno di toccare con mano l’allegria e la professionalità del lavoro in RèSpeak pur lavorando da casa. Inoltre potrai tenere costantemente sotto controllo la tua produzione, in nome della trasparenza che ci contraddistingue.
-La Rèale opportunità di crescita all’interno dell’azienda

Le selezioni sono mirate alla ricerca di nuovi aspiranti RèSpeaker in smart working ( la nostra personale versione dell’operatore telefonico ) Non facciamo storie sull’età o sull’esperienza pregressa. Quello che ci interessa è la buona volontà e la voglia di imparare. A fornirti tutte le conoscenze per diventare un RèSpeaker di successo ci pensiamo noi.
Visto il particolare momento storico stiamo lavorando esclusivamente in smart working. Per iniziare servono necessariamente: un pc, una connessione a internet ( adsl o superiore ) e una web cam
Per inviare la candidatura basta compilare il modulo che troverete qui sotto.
La nostra RèSponsabile vi richiamerà in giornata per fissare il colloquio conoscitivo

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6 consigli per i genitori che lavorano in smart working con i figli a casa

L’attuale emergenza sanitaria dovuta al Covid-19 ha portato alla chiusura delle scuole in Campania, e al ritorno alla didattica a distanza unica a quella in presenza in altre Regioni.

Una bella gatta da pelare per i genitori, che oggi più che mai si ritrovano a dover conciliare impegni familiari e il lavoro. Chi può è corso ai ripari affidando i pargoli a nonni, parenti vicini e baby sitter mentre, in altri casi, il ricorso allo smart working è stata l’ultima soluzione.

Sa da un lato questa nuova forma di lavoro permette di continuare a guadagnare, dall’altro mette i genitori di fronte ad una nuova grande domanda: come si fa ad essere produttivi e concentrati sul lavoro, quando ci sono i bambini che girano per casa, reclamando tutte le attenzioni?

E in fin dei conti, come si fa a dargli torto? A pagare lo scotto maggiore di questa situazione sono forse proprio i più piccoli che, di punto in bianco, si sono visti togliere una delle cose più preziose a quell’età: la scuola e gli amichetti. Questo li porta ad essere sempre più annoiati e desiderosi della compagnia dei genitori.

Ebbene, come ci si districa in una situazione del genere? Per i genitori, è possibile riuscire a lavorare in tranquillità senza “trascurare” i bambini ?

Secondo quanto affermato da Teresa Douglas, esperta americana di smart working, in un’intervista pubblicata di recente sul NY Times, conciliare il ruolo di genitore con quello di lavoratore è possibile, seguendo alcune “regole di comportamento”. Eccole:

1# Organizzati con tuo marito/ tua moglie

La complicità tra genitori è fondamentale, ora più che mai. E’ di vitale importanza che vi organizziate tra di voi, in modo da poter dare ai bambini un messaggio e delle direttive chiave da seguire.
Avete la possibilità di scegliere dei turni di lavoro diversi? Benissimo, fatelo! In modo che l’una possa iniziare a lavorare quando l’altro ha finito.
Il tuo lavoro da la possibilità di poter coinvolgere anche i bambini? Ancora meglio! Elaborate una lista da fargli tenere o delle cose da cancellare. Fategli sistemare dei documenti immaginari, o disegnare cose da dare ai clienti. Servirà a tenerlo buono ( o quasi ) , fino a quando vostro marito/moglie non sarà tornato dal lavoro.

2# Chiudi la porta


La prima regola dello smart working che funziona è creare un’area di lavoro, organizzata come un vero e proprio ufficio, e gli uffici hanno le porte. Chiudere la porta aiuterà voi a mantenere la concentrazione e i bambini a capire che “mamma e/o papà sta lavorando, e quindi non va disturbata/o”

3# Lavorare quando i bambini dormono

Cerca di lavorare quando i bambini dormono o sono distratti da altre attività: la mattina o la sera sono le fasce orarie ideali.
Potresti iniziare a lavorare quando i tuoi bimbi sono ancora a letto, per quando si saranno svegliati sarai già a metà dell’opera. Il tardo pomeriggio e la sera rappresentano un’altra fascia oraria ideale. I bambini a quell’ora, di solito o sono distratti da altro ( come i cartoni animati in tv) o troppo stanchi. Metterli a letto presto potrebbe essere una soluzione.

4# Fate un patto con i bambini

Dì ai tuoi figli che hai bisogno del loro aiuto per lavorare, e che se ti aiutano guadagneranno una ricompensa. Ad esempio, dì loro che guadagneranno un bonus sulla paghetta o minuti extra di televisione se ti lasceranno tranquillo/a, fino a quando non ti sarai preso/a una pausa.

5# Elabora un calendario delle attività

I bambini si sa, si annoiano in fretta. Per questo ti suggeriamo di programmare la loro giornata, prepara un calendario con almeno 30 possibili attività: lo so che sembrano tante, ma è sempre meglio avere un asso nella manica da sfoderare in caso di obiezioni del tipo: ” questo gioco non mi piace“. Internet può esserti d’aiuto! Esistono dei siti che forniscono dei validi suggerimenti sui giochi da fare con materiale che si trova facilmente in casa.

6# Passa del tempo con loro

Trascorrere del tempo con i tuoi figli aiuterà te a staccare la spina e loro a sentirsi meno frustrati. Ricorda, lavorare da casa vuol dire tornare padroni del proprio tempo e del tempo da dedicare ai propri figli, così com’è giusto che sia.

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RèSpeak, il call center delle “reali opportunità”

Dieci anni fa non si sceglieva di andare a lavorare in un call center, ci si finiva spinti dalla necessità di guadagnare. Oggi invece sono in 80.0000 le persone che riescono a mantenersi dignitosamente, proprio grazie a questo lavoro
Tra coloro che indossano le cuffiette abbiamo principalmente donne, di quelle che hanno visto molte porte sbattute in faccia perché mamme.
Subito dopo ci sono gli studenti in cerca di indipendenza economica. Infine abbiamo loro, coloro che nei call center hanno trovato la strada che cercavano, e a cui questo lavoro piace.
Insomma, rispetto al passato, si può dire che quello nei call center sia diventato un “vero e proprio lavoro”, con diritti, stipendi e contratto tutelati dalla legge.

Ma si continua comunque a parlarne male.
Il web è pieno di notizie che parlano di condizioni di lavoro pessime e orari di lavoro infiniti.In molti li definiscono i call center come “le nuove miniere”. Qualcun altro etichetta gli operatori telefonici come i nuovi poveri mentre, per qualcun altro ancora, indossare le cuffiette resta sinonimo di sogni spezzati.

La domanda è: perchè?

Perché il problema sta nelle condizioni in cui le persone sono obbligate a svolgere quello che, in fin dei conti, è un lavoro come tanti altri.

Mettiamola così: lavorare in alcuni call center vuol dire lottare per la propria sopravvivenza.

Chiamate ripetute a ritmi velocissimi, eco, rumori vari, chiacchiericcio, team leader petulanti, orari da minatore, sedie scomode etc..etc..etc..
Praticamente un campo di concentramento.

Ma, per fortuna c’è sempre un’eccezione alla regola!

RèSpeak, il call center delle

“rèali opportunità”!

Per iniziare, da noi non esistono “operatori telefonici”, è un termine i nostri non sono operatori telefonici ma RèSpeaker: persone che seguono una speciale formazione, che gli permette di raggiungere ottimi risultati sul lavoro, e nella vita di tutti i giorni
Un esempio? I nostri RèSpeaker sanno come si tiene una perfetta conversazione, e sono capaci di farsi ascoltare da chiunque! Abilità utilissima a studenti e a mamme, giusto per dirne due.
Inoltre, per i nostri RèSpeaker è previsto un percorso di crescita all’interno dell’azienda che, con il giusto tempo e il giusto impegno, li porterà a passare dalle cuffiette agli uffici.

E ancora…

Chi lavora con noi è sicuro di ricevere il giusto compenso, alla scadenza prestabilita.
Da noi il pagamento fisso orario e il contratto rispettano il CCNL del settore, e non sono una semplice promessa ma, soprattutto regna la TRASPARENZA. Grazie alle potenzialità del nostro CRM, i RèSpeaker possono tenere sotto controllo, in ogni momento, il totale della loro produzione e il compenso dovuto.
La serenità, la soddisfazione e la gioia dei nostri RèSpeaker viene prima di tutto

“ Prima le persone e poi i numeri”

Noi ne abbiamo fatto il primo comandamento dell’azienda, e ci abbiamo fondato sopra 7 sedi – divise fra Campania e Calabria – che ora contano circa 350 collaboratori.
350 persone serene che si recano a lavoro con il sorriso, vanno d’accordo con i colleghi e guadagnano anche bene.
Da noi non esistono le postazioni “gabbia” ma delle comode station, che permettono ai RèSpeaker di socializzare tra loro, aiutandosi in caso di difficoltà.
Il materiale fonoassorbente è presente anche all’interno delle postazioni e sul soffitto, per non parlare poi della corretta illuminazione, il microclima e un tocco di verde qui e la, gioia per gli occhi e il cuore.

Cosa aggiungere più?

Ah si, grazie ai nostri sistemi all’avanguardia siamo riusciti a creare un vero e proprio ufficio virtuale, rendendo la nostra Rèaltà a portata di CHIUNQUE.

I nostri RèSpeaker Virtuali hanno a loro disposizione una stanza per la formazione, una dove incontrare il proprio coach e una stanza break, dove poter incontrare i propri colleghi. In questo modo anche chi non ha la macchina, chi preferisce rimanere a casa fino alla fine dell’emergenza sanitaria e chi, per esigenze personali o familiari deve lavorare da casa, può toccare con mano il calore e l’atmosfera che contraddistingue il lavoro nei nostri uffici!

Quindi, come vedi, lavorare in un call center non è poi così male come si dice. Tutto sta nello scegliere un’azienda seria.

Nello scegliere “la tua rèale opportunità”

in smart working o in sede